(CRITERI GENERALI PER LA) MESSA IN SICUREZZA

giovanni termini

a cura di Simone Ciglia

OTTO Gallery presenta (Criteri generali per la) messa in sicurezza, una mostra personale di Giovanni Termini a cura di Simone Ciglia.

A dieci anni dall’ultima personale in galleria, l’artista presenta un nuovo progetto concepito per gli spazi di via D’Azeglio. La mostra raccoglie una serie inedita di opere recenti nate da una riflessione sul nostro tempo, seguendo una traiettoria che attraversa le nozioni di paura, pericolo e limite. I lavori proseguono la ricerca dell’autore, fermamente radicata nel medium scultoreo.

La mostra si apre con un dittico di lavori compresi sotto lo stesso titolo – Rasenta una distanza – e accomunati da materiali e procedimenti affini. Una scala fissata su un pannello produce, attraverso un movimento circolare, un segno grigio determinato dal cemento a presa rapida (nel primo episodio, la traccia s’imprime su un fondo grigio; nel secondo, il colore del pannello è giallo). Questa processualità è solamente allusa dal meccanismo di decostruzione con cui sono assemblati i pezzi, che trovano una ricomposizione nella mente dello spettatore. Quasi un tentativo di pittura da parte di uno scultore, le opere testimoniano la poetica di Termini fondata sull’impiego di materiali ordinari – spesso provenienti dal mondo del lavoro – spogliati della loro funzionalità a rivelare una dimensione poetica.

La sala centrale della galleria ospita Limite in sicurezza, un’installazione ambientale che reagisce a un’immagine vista dall’autore a Caracas lo scorso anno, in un periodo di grande turbolenza sociale. Nelle manifestazioni che quasi quotidianamente percorrevano le vie della capitale, i tombini venivano estratti dalla sede stradale e utilizzati come scudo. Al termine delle dimostrazioni, le buche che restavano aperte erano riempite con vari materiali per segnalare il pericolo. Spogliata dell’eroismo urbano, questa immagine dà vita a un’installazione che genera una situazione teatrale. Lo spettatore è invitato a percorrere il palco che sopraeleva il piano della galleria, sperimentando una condizione di pericolo determinata dalla praticabilità: come a Caracas, l’interno del tombino è infatti ingombrato dei parapetti normalmente usati per la sicurezza, sottolineando l’ambiguità di questa nozione ed esponendone il limite.

L’ultima opera che conclude il percorso della mostra, Ipotesi, è una scultura che rielabora un oggetto piuttosto comune, una sedia a sdraio da spiaggia. Manipolata fino ad assumere una forma inedita, che tuttavia conserva i materiali e il colore di partenza, la sdraio si trasforma in una scultura. L’opera esprime la vena ludica che anima il lavoro di Termini, insieme alla sua prodezza plastica (il titolo evidenzia come si tratti solo di una delle molteplici possibilità combinatorie). Esempio di design anonimo, la sdraio racconta ironicamente un certo aspetto della cultura italiana.

 

Giovanni Termini è nato nel 1972 ad Assoro (EN). Vive e lavora a Pesaro. Formatosi all’Accademia di Belle Arti di Roma, ha esposto recentemente in Svizzera (Torre Blenio, 2018), Venezuela (Sala Tac, La Caja, Caracas, 2017), Cina (Museo di Lan Wan, Qingdao, 2017). Ha inoltre partecipato a importanti esposizioni a livello nazionale, tra cui Au Rendez-Vous des Amis, a cura di Bruno Corà, Città di Castello (2015); Disarmata, a cura di Ludovico Pratesi, Fondazione Pescheria, Pesaro (2013); XV Quadriennale di Roma (2008) e premi come I Premio Internazionale Giovani Scultori (Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano, 2006).

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