DUNE

luigi mainolfi

Sabato 23 marzo 2002 alle ore 18.30 si inaugurerà presso la nuova sede della OTTO Gallery Arte Contemporanea, Via D’Azeglio 55, Bologna, la mostra personale di Luigi Mainolfi.

A tre anni di distanza dalla precedente collaborazione che diede vita alla mostra dal titolo Concerto per gabbie, tamburi e ritratti, l’artista presenterà una recente serie di opere appositamente realizzate per il nuovo spazio affiancate a lavori storici come Sole nuovo, che consiste in una grande installazione di alluminio e ferro risalente al 1992/93. Saranno collocati inoltre grandi pannelli inediti di terracotta e un’istallazione con opere di bronzo raffigurante il mondo organico dal titolo Polpi. In questo frangente, come già in passato, Mainolfi darà prova della sua sapienza stilistica non tralasciando di contestualizzare appropriatamente i suoi lavori in perfetta osmosi con la struttura espositiva che andrà ad accoglierli.

Mainolfi ha sempre tenuto fede alla sua matrice mediterranea e al mithos sepolto nell’eternità del fattore biologico. La sua coerenza indagativa si compone di stazionamenti e meditazioni che narrano la rielaborazione della storia delle origini per poderose ricognizioni nel retroterra fantastico dell’occidente, plasticamente erompenti dalle cavità feconde della terra arsa (terra-cotta: i Nidi o i cicli sulla Città-ritratto) e della fabula del mondo (mito-logia: Centauro verde, Giganti, Orchi, Elefantessa…).

Mainolfi non disattenderà le speranze di chi conosce e apprezza la sua personale impaginazione volumetrica: ricordiamo la commistione di materiali in Sole nuovo, l’ aprirsi del suo nucleo ferroso su una rientranza circolare contenente cera vergine e l’irradiarsi dei filamenti d’alluminio che, nonostante la loro fredda lucentezza, avvolgono l’ambiente in un bozzolo di ondeggiamenti come una chioma iridata, una ragnatela scomposta. La serie dei Polpi analizza per trascendenze, per manualità che fondono il bronzo e modellano la terracotta, la “in potenza” della sostanza che plasmata sa divenire atto immortale oltrechè creazione attraente e sinuosa.

La formula del tripode tortile, più volte ripercorsa, simile per foggia ai bracieri di arcaica memoria, – vedi Arcipelago – trova qui perfetta corrispondenza tra forma e contenuto, tra portato fabbrile e risonanza naturalistica; con l’intenzione, mai negata, di conferire perpetuità e durevolezza, elevazione quasi, all’incessante flusso del divenire organico attraverso la mano e l’idea dell’”artefice massimo”: lo scultore.

Schermata 2015-11-03 alle 12.22.59